Attacchi di panico rimedi e consigli
Attacchi di Panico, i rimedi consigliati dalla Psicologa Marinello
Panico, terror panico: una paura senza oggetto
Attacco di panico: sintomi
Tachicardia, tremori, palpitazioni, formicolii, senso di soffocamento o respiro corto, sudorazione, un senso di oppressione o fastidio al petto, paura di svenire, paura di perdere il controllo, paura d’impazzire, paura di morire: questi i più comuni disturbi che caratterizzano un attacco di panico.
Si è colti da una paura improvvisa, molto intensa in assenza di un reale pericolo, ad essa si associano i sintomi somatici, dovuti all’attivazione del sistema simpatico, e cognitivi quali la paura di perdere il controllo, di impazzire, o, ancor peggio, la paura di morire.
Questo terrore improvviso e drammatico, come si è visto, coinvolge mente e corpo Dopo il primo attacco, quello che caratterizza il disturbo vero e proprio, è un’ansia anticipatoria, cioè il timore che un altro attacco possa ripetersi, ciò può incidere profondamente sulla qualità della vita: per esempio quando si inizierà ad evitare di uscire di casa (agorafobia) o di restare soli.
Generalmente gli attacchi sono di breve durata (circa 10 minuti o meno).
È una patologia in allarmante aumento che entro il 2020 sarà la più diffusa al mondo, dopo i disturbi cardiovascolari.
In questo invalidante disturbo d’ansia sono implicati fattori fisiologici e psicologici che andranno considerati caso per caso.
Attacco di panico: la diagnosi
Perché si possa fare una diagnosi di attacchi di panico, questi non devono essere causati da ipertiroidismo o altre condizioni mediche e neppure dall’abuso di droghe o dagli effetti fisiologici di un farmaco.
Non devono, inoltre, derivare da un altro disturbo psicologico (es. fobia sociale).
Attacco di panico: neurofisiologia
Attacchi di panico inaspettati e ricorrenti sono un’esperienza estremamente dolorosa e traumatica.
La psicoeducazione può aiutare a comprendere da un punto di vista cognitivo cosa avviene nel nostro corpo quando si innesca un attacco di panico.
Partiamo dalla neurofisiologia.
Sono coinvolti gli organi di senso, le strutture antiche del nostro cervello, quali il talamo e l’amigdala e, nella risoluzione del problema, la neocorteccia, in particolare, la corteccia prefrontale.
Gli organi di senso inviano segnali visivi, acustici, olfattivi, tattili al talamo.
Nel caso di stati acuti d’ansia il talamo interpreta questi segnali come minacciosi; invia, pertanto, l’informazione a quella centralina d’allarme del nostro cervello che è l’amigdala.
Questa riconosce lo stimolo come pericoloso ed attiva il Sistema nervoso simpatico, finalizzato a preparare l’organismo all’attacco o alla fuga in questa situazione ritenuta pericolosa o minacciosa per la sopravvivenza.
Esso funziona indipendentemente dai nostri ragionamenti e dalla nostra volontà, poiché fa parte del sistema nervoso autonomo.
Attacco di panico: come far fronte al sintomo.
Come far fronte a questo fastidioso e inopportuno falso allarme?
Come porre rimedio alla sovrastimolazione del sistema limbico e quindi dell’amigdala?
Bisogna fare appello alla parte razionale del nostro cervello, la neocorteccia, una struttura più recente rispetto al sistema limbico e al tronco encefalico.
Essa è coinvolta nei processi di memoria, di ragionamento e di giudizio, può, pertanto, correggere le risposte automatiche delle strutture cerebrali emozionali più antiche, individuando i falsi allarmi.
Attraverso un’informazione correttiva data dalla corteccia prefrontale è possibile ridurre l’ansia, attenuare e alla fine eliminare i fastidiosi attacchi di panico.
Tecniche psicologiche cognitive come l’EMDR sono particolarmente efficaci per ottenere in modo relativamente rapido tale scopo, poiché gli attacchi di panico non sono altro che l’esito di falsi allarmi dovuti a interpretazioni “catastrofiche” di stati fisici e mentali che innescano il circolo vizioso della “paura della paura” con processi invalidanti di evitamento delle situazioni in cui gli episodi di panico si sono manifestati.
Attacco di panico come messaggio inviato dall’inconscio.
Nella società contemporanea, dai ritmi frenetici e dominata dal mito dell’efficienza e della produttività, spesso ci si deve accontentare di eliminare un sintomo.
Tuttavia un sintomo è sempre un messaggio che la nostra anima ci invia, un messaggio prezioso per la nostra evoluzione come uomini a 360°.
Un messaggio che ha a che fare con la nostra più profonda autorealizzazione.
Se dal pensiero logico razionale volessimo passare ad un pensiero analogico, che ci conduce alle profondità del nostro essere e alla poesia della vita, potremmo chiederci come Stephen Dedalus, il Telemaco dell’Ulisse di Joyce, quali siano i confini dell’anima?
Fin dove essa si estende?
Se sia confinata nel nostro cervello o se possa raggiungere gli estremi limiti dell’universo.
Hillman ci suggerisce che
“l’anima non è imprigionata dentro il corpo, come pretendeva molta filosofia – da Platone a Cartesio – ma è il nostro corpo che fluttua nell’anima”.
Si può trattare il Panico, il terror panico come un invalidante disturbo psicologico da far sparire in fretta o come un’occasione preziosa per scandagliare le profondità del nostro essere.
Ci si può sbarazzare abbastanza facilmente di questo disturbo invalidante, o, sovvertendo completamente le nostre abitudini logiche e psicologiche, darci l’opportunità di leggere il messaggio che questo invia alla nostra anima.
Esso ci può insegnare attraverso la preziosa esperienza del dialogo terapeutico a conoscere meglio noi stessi, a darci il tempo per capire noi stessi, in contrasto, spesso, con gli imperativi dell’attivissimo della nostra società, che tutto consuma, a volte anche l’essenza della nostra interiorità più vera.
Dopo esserci occupati, seppur succintamente, dei sintomi, della neurofisiologia, dei fattori di mantenimento, delle terapie, in altre parole, dell’essere umano come meccanismo o forma biologica, ora ci potremmo porre delle domande sui possibili segreti che questo disturbo cela alla psiche dell’uomo contemporaneo.
Cosa vuole comunicare?
Cosa di sé la persona non ha voluto o potuto ascoltare?
Cosa si oppone alla trasformazione e all’evoluzione personale?
Quali importanti progetti esistenziali non sono ancora stati realizzati?
Attacchi di panico e società contemporanea.
Panico.
La parola ci riconduce al dio Pan e ai misteri che questo mito greco racchiude.
Se nelle epoche passate il panico era riservato a situazioni estreme come la guerra, le aggressioni, le grandi catastrofi naturali, nella nostra epoca è diventato una delle patologie più invalidanti e frequenti in ambito psicologico.
E su questo sarebbe da interrogarci.
Interrogarci sulla nuova realtà psicologica dell’uomo tecnologico abituato a prevedere e controllare gli eventi esterni e interni.
Interrogarci sulla relazione che può esistere tra questo disturbo, che ci obbliga a fermarci e la frenetica iperattività della nostra epoca compulsivamente orientata all’efficienza e al profitto.
L’attacco di panico irrompe imprevedibile e catastrofico nelle nostre vite programmate, apparentemente immotivato, ma terrifico.
L’idea freudiana di inconscio è il lascito più importante alla psicologia contemporanea del padre della psicanalisi.
Un’idea che ci impone il dubbio e l’umiltà. Duro a dirsi, ma la maggior parte delle nostre intenzioni e motivazioni hanno sede nell’inconscio, più che nel nostro io cosciente e razionale, che costituisce solo la punta di un iceberg.
Il mito di Pan
Il timor panico è quell’indefinibile un misterioso timore che gli antichi greci ritenevano essere cagionato dalla presenza del dio Pan.
Frutto dell’amore di Ermes e della ninfa Penelope, aveva un aspetto così orribile ed animalesco che la madre stessa, terrorizzata dal suo stesso figlio, decise di abbandonarlo al suo destino.
L’orrido Pan prese presto l’abitudine di vagare nelle selve, correndo e danzando con le ninfe, producendo imprevedibili e strani rumori, avvertibili soprattutto nelle ore notturne.
Il volto caprino, due corna sulla fronte, l’ispida barbetta, le fauci dai denti ingialliti, il corpo peloso, le estremità munite di zoccoli, era decisamente più simile ad un animale che ad un uomo.
Si divertiva a spaventare mortalmente i malcapitati viandanti, che, incrociando la sua strada, erano colti da un improvviso “timor panico”.
Anche ai nostri giorni, tra le pieghe della nostra mente razionale e tecnologica, il dio Pan si risveglia a denunciare i conflitti e i disagi dell’uomo contemporaneo e ci indica col suo mito le risorse e la ricchezza della dimensione onirica e immaginativa, una conoscenza profonda che trascende il pensiero razionale e si nutre di simboli e archetipi.
Attacchi di panico: un percorso terapeutico.
Nella mia esperienza di psicoterapeuta ho potuto osservare che quando i sintomi indicano l’impossibilità di riconoscere ed esprimere adeguatamente le proprie emozioni, i propri bisogni fondamentali e le proprie aspirazioni più autentiche, è il corpo a comunicare urgentemente quella sofferenza e ad esprimere la necessità di indagare nelle profondità dell’essere.
Le persone che soffrono di attacchi di panico sono in un momento di profonda crisi esistenziale, vivono a livello inconscio un impedimento, un blocco nell’evoluzione personale, che ostacola la trasformazione e l’autorealizzazione.
Giunte a questo punto, non possono più mettere il “bavaglio al bambino che urla”, non possono più far finta di niente ed occuparsi d’altro.
Questa angoscia senza nome e questa sofferenza senza voce devono essere ascoltate, decodificate, comprese nel loro significato più profondo.
Caso per caso, con empatia e creatività, il terapeuta dovrà affiancare il paziente in questo difficile, ma stimolante compito evolutivo, che consisterà in un riallineamento non solo a livello cerebrale, tra la componente corporea (tronco encefalico e sistema simpatico), emotiva (talamo, amigdala) e razionale (neocorteccia), ma anche con le istanze spirituali della nostra esistenza.
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